La rubrica “Io resto a casa. Una settimana con…. ,” è dedicata questa settimana al grande scrittore americano Jack London (San Francisco 1876 - Glenn Ellen 1916) con una particolare attenzione ai suoi romanzi “Il Lupo dei Mari”, “Zanna Bianca” e il “Richiamo della Foresta” , grandi classici della letteratura per ragazzi e dai quali sono stati tratti innumerevoli film.
Jack London,nato a San Francisco il 12 gennaio 1876, era figlio naturale di un girovago e fu allevato da una madre spiritista, una nutrice nera e un padre adottivo che passava da un fallimento commerciale all'altro. Tutte le figure adulte di riferimento ben presto si disinteressarono di lui e così Jack London dovette badare a se stesso in un'età in cui di norma i fanciulli non hanno altri pensieri che lo studio e il gioco. Jack fece tutti i mestieri: lo strillone di giornali, il pescatore clandestino di ostriche, il lavandaio, il cacciatore di foche, l'agente di assicurazioni, il coltivatore, il cercatore d'oro nel Klondike, il corrispondente nella guerra russo-giapponese ed infine lo scrittore. Fin da bambino ebbe dentro di sé la passione per la letteratura ed era un grande divoratore di libri.Jack London scrisse 50 volumi di vario genere, da quelli avventurosi come "Il richiamo della foresta" a "Zanna Bianca", a quelli appunto autobiografici fra cui si ricorda "Martin Eden" (1909). Si è cimentato anche con la fantapolitica ("Il tallone di ferro") e ha scritto numerosi racconti, tra cui spiccano "Il silenzio bianco", e "Farsi un fuoco" (1910). Il suo stile narrativo rientra a pieno titolo nella corrente del realismo americano che, ispirandosi alle teorie scientifiche di Darwin, privilegia i temi della lotta per la sopravvivenza e del passaggio dalla civiltà allo stato primitivo. Fu un grande viaggiatore, amante del Grande Nord ma anche dell’Australia e dei Mari del Sud. Dalle sue avventure, spesso tristi e sfortunate, trasse ispirazione per scrivere le pagine dei suoi capolavori.
Il rapporto con la natura che, a volte può essere ostile e altre amica, è uno dei temi principali dell’opera di Jack London. Il brano proposto è tratto dallo stupendo “Accendere un fuoco”, uno dei racconti più famosi del grande autore americano ed è uno dei simboli più riusciti di un rapporto negativo tra uomo e il mondo che lo circonda.Un brano che ha trovato ispirazione nelle esperienze vissute dall’autore all’epoca dei cercatori d’oro nel Klondike. Un uomo senza nome, ed è anche questo significativo nel racconto, deve raggiungere attraversando i ghiacci dello Yukon, il campo dove lo aspettano i compagni. Il protagonista non si fida dei consigli di chi conosce il territorio e parte da solo per il viaggio, nonostante la temperatura sia arrivata a meno trenta sotto zero. L’anonimo personaggio non ascolta nemmeno i segnali che gli invia l’ambiente circostante e il proprio corpo: il fiume che nasconde pozze d’acqua viva sotto le croste di ghiaccio, le mani che non rispondono ai comandi per il freddo eccessivo, gli zigomi del viso diventati insensibili, la museruola gelata che si forma intorno allasua bocca. Ma soprattutto non ha rispetto per il cane husky che lo accompagna e che intutti modi cerca di fargli capire di rimanere nei pressi del fuoco che ha acceso. nell’unico momento di pausa nel cammino. L’animale conosce la natura e la comprende.L’uomo però decide di non fermarsi e con una serie di errori e disattenzioni, andrà testardamente e con presunzione verso il proprio destino. Sempre sotto l’occhio vigile del cane che, se anche sogna il caldo del fuoco, sa come proteggersi dal freddo. Un racconto che ci invita, una volta tornati alla vita normale, a rispettare e amare il mondo che ci circonda.
Jack London, Accendere un fuoco –Motta Junior, 1998, pagg. 18, 35,36, 37, 38
“ll cane non sapeva nulla di termometri (…) Ma la bestia aveva il proprio istinto. Provava una vaga ma minacciosa apprensione che gli insinuava dentro, lo spingeva a stringersi agli stivali dell’uomo, lo faceva sobbalzare a ogni suo movimento inconsueto, come se sperasse che l’uomo si fermasse per piantare le tende o cercare riparo da qualche parte e accendere un fuoco! Il cane aveva imparato a conoscere il fuoco e lo desiderava.
(…) Il cane accolse con grande soddisfazione il fuoco e si sdraiò abbastanza vicino da scaldarsi e discosto quando bastava per non bruciarsi. Quando ebbe finito di mangiare, l’uomo caricò la pipa e si concesse una fumata. Poi rimise le muffole, strinse per bene i paraorecchie del suo berretto e si avviò lungo la pista. Il cane ne fu contrariato e rimase vicino al fuoco. Quell’uomo non conosceva il freddo. Probabilmente tutte le generazioni dei suoi antenati avevano ignorato il freddo, il vero freddo, il freddo che c’è a venticinque gradi sotto zero. Ma il cane lo conosceva: lo conoscevano tutti i suoi antenati e lui aveva ereditato la loro sapienza. E sapeva che non era bene camminare allo scoperto con un freddo del genere.
Ai tempi di Jack London era visto dal lettore con cauta diffidenza un romanzo che aveva come protagonista un animale. Certo c’era la tradizione delle favole di Esopo, Fedro, La Fontaine, e le ottime produzioni della contessa de Ségur in Francia, ma “Zanna Bianca” e il “Richiamo della Foresta”rappresentano qualcosa di diverso. Il motivo è semplice: la grandezza delle storie di Jack London nasce dal fatto che l’autore racconta vicende vissute nella sua avventurosa esistenza che l’ha portato a essere un cacciatore di foche nel Grande Nord e cercatore d’oro nel Klondike. Storie, forse solo leggermente inventate, ma che hanno una grande base di verità. Il lettore percepisce la sincerità dell’autore e anche per questo s’innamora del testo.
Il protagonista del romanzo è Zanna Bianca, un” lupo a tre quarti”, unico sopravvissuto di una cucciolata di cinque fratelli per una terribile carestia. Meravigliose sono le pagine del libro che raccontano l’apprendimento alla vita di Zanna Bianca, sotto la guida attenta della madre, nell’affascinante ma anche pericoloso mondo selvaggio, durante il freddo invernale artico. Una volta catturato dagli indiani, che approfittano della sua giovane curiosità, il lupo passa da un’esperienza negativa all’altra con il mondo degli umani: diventerà cane da slitta odiato persino dai suoi simili per la diversa natura, sarà addestrato a divenire un animale da combattimento contro altri cani feroci in un mondo di scommesse. Zanna Bianca diventa ogni giorno più feroce e triste. Con il suo incontro con un amorevole commerciante delle miniere, Weedon Scott, iniziano le pagine più belle del libro. Il lettore si sente trasportato dentro l’animo di Zanna Bianca, ne condivide i sentimenti, ne comprende le reazioni. Il legame iniziale di sottomissione si trasforma, s’interiorizza e da soggezione diventa di amicizia, la fedeltà ispirata dalla paura diventa amore.
Nelle parti finali del romanzo Scott porta Zanna Bianca a casa sua in California, dove la sua famiglia e la loro cagna Collie dubitano del lupo, ma dopo che lui li salva da un pericoloso bandito appena fuggito di prigione, lo medicano e lo accettano definitivamente. Zanna Bianca vivrà felice lì e si accoppierà con Collie che dà alla luce una cucciolata. Un libro stupendo e di formazione e dal quale sono stati tratti tanti film.
Il primo brano scelto racconta il rapporto amoroso tra la madre e Zanna Bianca, il secondo è tratto dalla relazione tra il lupo e Weedon Scott, l’ultimo racconta l’emozione del protagonista al vedere i suoi cuccioli partoriti da Collie.
Il lupetto guardava con infinita ammirazione la madre che non sbagliava un colpo e sempre gli procurava una buona razione di carne. Per lui, la madre era un essere invincibile e potente che non falliva mai; al lupetto non veniva ancora fatto di pensare che il prodigioso coraggio della lupa e la sua abilità derivavano dalla lunga esperienza. Il cucciolo si sentiva tuttora soggetto all’autorità della madre; e quando l’entusiasmo lo prendeva ed esso si abbandonava all’audacia, non mancava di ricevere da lei qualche robusta zampata, che si faceva sempre più energicavia via che il lupetto cresceva. Questo modo di fare della lupa rossa destava nella molta ammirazione nel lupetto grigio, che vedeva il lei un modello di perfezione….
Weedon Scott si era assunto il compito di redimere Zanna Bianca, o piuttosto di redimere l’umanità dal male che aveva fatto a Zanna Bianca. Era per una questione di principio e per uno scrupolo di coscienza. Sentiva che il male fatto al lupo era un debito contratto dall’uomo e che doveva essere pagato…
Il cuccioletto rotolò fino a Zanna Bianca, e il padre abbassò il muso per osservarlo meglio, andando a fiorare il suo nasino. Da quel batuffolino peloso spuntò fuori allora una minuscola linguetta rossa che si posò sul muso del lupo. Zanna Binaca non sapeva cosa comportarsi, però quella pallottola morbida, gli piaceva, e provò a fare altrettanto, lambendo delicatamente il cucciolo…
Jack London, Zanna Bianca – Fratelli Fabbri Editore, 1965, Pag. 64, 157, 200
(Marino Muratore curatore della rubrica)
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