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MAX E MORITZ, WILHELM BUSCH E L’UMORISMO NERO

Riflessioni da “Max E Moritz e altri personaggi” - Casa Editrice Bietti, 1971

 

La copertina li ritrae con il sorriso. Sembrano volti innocenti, ma così non è. Max e Moritz sono fra i monelli più crudeli e perfidi della letteratura per l’infanzia e godono senza rimorso dei danni provocati dai loro brutti scherzi. I “misfatti” – così vengono chiamati in questa edizione del ’71 – per fortuna sono soltanto sette ma, già dal primo, in cui si palesano come feroci aguzzini di tre galline e un gallo, si rimane un po' sconcertati. La narrativa per i bambini di una volta non era così edulcorata e ammansita come quella odierna e, di sicuro, anche la sensibilità è molto cambiata.

Max e Moritz nascono nel 1865 dalla penna dell’umorista, disegnatore e poeta tedesco Wilhelm Busch (1832–1908) che, pur essendo un ritrattista della cattiveria, è stato l’artista geniale che ha dato vita con Max e Moritz ad uno dei primi esempi di fumetto moderno. Mancavano ancora le nuvolette ma le storielle in rima di Busch sono a pieno titolo “letteratura disegnata”, che è la definizione chiave che Hugo Pratt ha dato alla fumettistica.

Ed ecco in sintesi i sette perfidi “misfatti”.

Il primo e il secondo: scherzi alla vedova del paese, a cui ammazzano i polli.

Il terzo: uno scherzo al sarto, al quale segano il ponte che conduce a casa.

Il quarto: uno scherzo al maestro di scuola, al quale riempiono la pipa con polvere da sparo.

Il quinto: uno scherzo allo zio Fritz, a cui riempiono il materasso di insetti.

Il sesto: uno scherzo al fornaio, al quale vogliono rubare i biscotti causando però guai peggiori.

Il settimo: uno scherzo al mugnaio, al quale tagliano i sacchi di frumento.

 

Ma… attenzione … al sesto e settimo misfatto assistiamo anche alle vendette delle vittime che, inutile dirlo, sono anch’esse degne di un perfetto “umorismo nero”. Il fornaio acchiappa i due monelli e li impasta, poi li infila nel forno (riescono a salvarsi); il mugnaio, invece, riesce nel suo intento omicida. Li chiude in un sacco, li porta al mulino e li getta nella macina. Ecco la fine di Max e Moritz: ridotti in granelli che andranno a finire nello stomaco delle oche. Assistiamo qui a una costruzione narrativa ad anello, a un circolo vizioso che si chiude secondo i canoni del tradizionale racconto educativo tedesco. Per approfondire l’argomento, vi consigliamo questo articolo sulla “Pedagogia nera” che, fra l’altro, offre alcuni parallelismi fra l’opera di Busch e di altri autori.

 

 

 

 

 

Nel 1974 c’è stata una nuova versione dell’opera, commissionata al grande Giorgio Caproni (1912-1990) con una introduzione molto interessante di Claudio Magris che costituisce una riflessione sul “mondo senza infanzia di Wilhelm Busch” in cui i bambini, tristemente, sono stati adulti malcresciuti. La fantasia attinge alla realtà di un’epoca, di un paese, e forse, come spesso accade nell’arte, l’intento è anche quello di sdrammatizzarla.

Citazione dalla prefazione di Claudio Magris:

Max e Moritz – capostipite, fra l’altro, di una lunga serie di racconti, storielle o vignette imperniate su una coppia di ragazzi terribili – è l’opera non solo più famosa, ma anche più inquietante di Busch, perché coglie la riduzione dell’umano là dove ci si attenderebbe di trovare la massima libertà e pienezza e cioè nell’infanzia. Malvagi i monelli, malvage le loro vittime pronte a trasformarsi in persecutori: in questo universo impietoso non c’è alcuna legge né motivazione che giustifichi o almeno spieghi la ragione di ciò che accade. Nelle birichinate non c’è estro né fervore, nelle sanzioni non c’è intelligenza né logica.

Con Giorgio Caproni, Max e Moritz diventano Pippo e Peppo e i “sette misfatti” diventano “sette baie”, ma non solo. Caproni ha trasferito i due monelli da un mondo a un altro, dalla Germania provinciale ottocentesca a una paesana provincia italiana, altrettanto crudele, misera e meschina, ferocemente buffa. Per approfondire, vi proponiamo l’articolo di Alessandro Ferraro uscito su LG Argomenti nel numero di giugno 2012 (link all’articolo).
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Le schede dei due libri sul nostro catalogo on line


A proposito di “bambini terribili” nel fumetto e nella letteratura per l’infanzia, se volete approfondire l’argomento vi consigliamo anche questo articolo che offre un’ampia panoramica da Max e Moritz a Bibì e Bibò (Hans e Fritz), i celebri personaggi del Corriere dei Piccoli.

Ed ora, un qualcosa di inestimabile!

IL MANOSCRITTO ORIGINALE DEL 1865 LIBERAMENTE SCARICABILE DALLA DIGITAL LIBRARY ARCHIVE.ORG

 

 

 

IL PRIMO SCHERZO NELLA VERSIONE DELL’EDIZIONE BIETTI 1971

IL PRIMO SCHERZO NELLA VERSIONE DI GIORGIO CAPRONI, EDIZIONI BUR 1974

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