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Tomi Ungerer

 

Marino Muratore curatore della rubrica

 

 

Biografia 

           

  La fotografia è concessa con la licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported.    Attribuzione: Claude Truong-Ngoc / Wikimedia Commons - cc-by-sa-3.0

 

 

Jean-Thomas Ungerer (Strasburgo 1931- Cork 2019), detto Tomi, nascecome quarto figlio in una famiglia borghese e protestante. Suo padre, ingegnere e costruttore di orologi astronomici, muore quando Tomi ha solo 3 anni e questo fatto condizionerà per tutta la vita Tomi Ungerer e i suoifratelli. All’età di otto anni la regione dell’Alsazia, dove Tomi è cresciuto, è occupata dai nazisti e quindi gli abitanti si ritrovano a dover cambiare nazionalità. I nazisti, che consideravano l’Alsazia un naturale territorio germanico, impediscono fin dai primi giorni di parlarenelle scuole la lingua francese, imponendo la lingua tedesca. Nel 1944 la famiglia Ungerer, che intanto si era trasferita a Colmar, assiste ai drammatici scontri tra le forze francesi di liberazione contro le postazioni difensive naziste, chiuse dall’esercito alleatonella mortale sacca di Colmar. Quell’episodio e la guerra vissuta durante l’infanzia, segnano profondamente il giovane Tomi Ungerer, portandolo a schierarsi contro ogni tipo di violenza o ingiustizia. Infattinegli anni successivi si batte contro la guerra in Vietnam, contro i pregiudizi politici e partecipa a campagne per il disarmo nucleare e per l’ecologia.

Nel dopoguerra Tomi Ungerer si appassiona alla mineralogia e al disegno.Grazie alla bicicletta ricevuta in regalo, comincia a viaggiare per tutta la Francia. Nel 1951 parte, questa volta in autostop, per raggiungere Capo Nord in Norvegia, attraversando le linee russe. Durante il viaggio disegna spesso e i suoi schizzi sono influenzati dalle correnti esistenzialiste, con scene molto macabre. Dopo un’esperienza in Algeria come conduttore di cammelli, si ammala gravemente e deve tornare a Strasburgo. Tornato a casa,studia Arte e frequenta il corso di disegno pubblicitario. Una voltadiplomato s’imbarca per New York dove, dopo un periodo molto difficile, comincia a lavorare come pubblicitario. Nel 1959 gli viene assegnata la medaglia d’oro da parte della Società degli Illustratori e dal quel momento ottiene sempre maggiori incarichi e prestigiosi riconoscimenti.

A New York pubblica i suoi primi libri per l’infanzia. Il primo lavoro è dedicato ai Mellops, una famiglia di maialini; l’album illustratoottiene nel 1957 un successo immediato. Durante la sua carriera di scrittore pubblica oltre trenta libri per ragazzi, tra i più famosi possiamo annoverare I tre briganti, L’uomo luna e Crictor.

Tomi Ungerer emerge nel panorama dei libri per l’infanzia per la sua creatività, l’irriverenza, l’umorismo e per la buona dose di “assurdo” con cui condisce le sue storie. Ogni suo libro ha un’identità particolare e una caratterizzazione unica, poiché, secondo l’autore, ogni progetto ha bisogno del proprio stile.
Tomi non si tira indietro dall’uscire dagli schemi intingendo i suoi libri per bambini di argomenti e di un vocabolario considerati non consoni per quella fascia editoriale.

 

«I bambini non hanno bisogno di libri per bambini,
hanno bisogno di storie raccontate bene»

 

Il rispetto per l’intelligenza dei più piccoli e il rifiuto di presentare loro un mondo zuccherato, lo portano a trattare temi importanti e forti come la guerra (Otto, storia di un orsacchiotto) e la diversità (Flix) e ad inserire spesso nei suoi libri elementi paurosi, perché i suoi protagonisti sono senza paura, proprio come lui era stato cresciuto da sua madre. Per realizzare i propri libri si ispira non solo alla condizione dell’uomo, ma anche alla natura, alle piante e agli animali, tutto ciò che lo ha sempre meravigliato. Alcuni dei suoi personaggi sono animali che di solito incutono paura, come il serpente (Crictor) o il pipistrello (Rufus), oppure figure negative per tradizione, come i briganti (I tre briganti) o l’orco (L’orco di Zeralda). Questi personaggi al primo impatto spaventosi, grazie alle pagine tracciate dall’autore hanno la possibilità di riscattarsi e dimostrare che tutti, con le proprie peculiarità, possono donare qualcosa al mondo e migliorarlo.

Toni Ungerer ha ricevuto il premio internazionale “Hans Christian Andersen” nel 1998, il Grand Prix National des Arts Graphiques. Nel 2000 Tomi diventa ambasciatore presso il Consiglio d’Europa per l’educazione e l’infanzia, nel 2002 riceve anche il premio italiano “Andersen”, nel 2014 il premio francese “Commandeur de l'Ordre National du Mérite”, in onore della sua continua battaglia contro i pregiudizi artistici e politici. Nel corso della sua carriera, oltre alle illustrazioni, alla scrittura e alla pubblicità, si è cimentato anche nell’ambito del collage, della scultura e del design architettonico.

 

 

 

 

OTTO

 

Non è facile raccontare ai bambini più piccoli in modo coinvolgente, profondo ed efficace, gli effetti devastanti della guerra e delle discriminazioni razziali. Tomi Ungerer ci riesce benissimo con il suo libro “Otto”, da lui stesso illustrato. Già l’immagine della copertina è preludio della storia contenuta all’interno. Un orsacchiotto di pezza campeggia su sfondo azzurro: il pupazzo ha una macchia di colore viola che circonda l’occhio sinistro, sono visibili le cuciture e una ferita all’altezza del cuore,rattoppata con ago e filo, mentre gli occhi di vetro sono vivi e penetranti. Il piccolo lettore non può che essere attratto da un’immagine di questo tipo! E poi chi di noi non ha avuto da piccolo come regalo un orsacchiotto di pezza, diventato subito compagno di giochi e amico nel sonno?

L’orsacchiotto è il vero protagonista della storia e parla sempre in prima persona; è venuto al mondo in una fabbrica di giocattoli tedesca e comprato da una giovane signora come dono di compleanno per il figlio Davide. Il bambino condivide il regalo con il suo amico del cuore Oscar, un vicino di casa. Nei loro divertimenti i due bambini portano sempre con loro l’orsetto Otto, tanto che provano persino a usare le zampe maldestre del pupazzo per farlo scrivere con pennino e inchiostro. Da quel momento Otto avrà irrimediabilmente la macchia blu intorno all’occhio.

I tre amici giocano serenamente ogni giorno, fino a quando al piccolo Davide viene comunicato che deve portare sul petto una stella gialla con la scritta “ebreo”.Otto afferma con preoccupazione nella storia:“Tutti dovevano vedere che lui era diverso. Ma gli uomini non sono tutti uguali? Noi tre non capivamo più il mondo”. Solo qualche giorno dopo la famiglia di Davide è arrestata da uomini in uniforme e fatta salire su in furgone con tanta gente con la stella di Davide sul petto. Davide con grande amore, prima di essere portato via, consegna il suo orsacchiotto di pezza all’amico del cuore. Le disgrazie colpiscono però anche la famiglia di Oscar che vede partire il padre per la guerra, dove troverà tristemente la fine della sua vita.

Nel frattempo nella città tedesca cominciano i bombardamenti aerei e delle case restano solo macerie. Non si sa nulla del destino di Oscar, solo che la madre rimane sepolta sotto le rovine della sua casa.

Otto viene raccolto da un soldato americano che, abbracciandolo, viene salvato dal pupazzo che assorbe una pallottola destinata al suo petto Questo è il motivo per cui Otto nella copertina del libro, ha una ferita ad altezza del cuore.

Il “Teddy Bear”, viene per quell’atto di eroismo premiato con una medaglia d’oro ed immortalato in una foto.

Otto, dopo esser adottato dalla figlia del soldato americano, viene rubato da una banda di teppisti e gettato in un bidone dell’immondizia. Una donna lo recupera e lo vende a un rigattiere che lo espone in vetrina, con la sua inconfondibile ferita sul petto e la macchia viola intorno all’occhio.

Oscar,ormai anziano e che passava per caso nella via, riconosce subito il suo “Otto”.Decide così di scrivere la storia di quel miracoloso ritrovamento sulle pagine di un giornale. Una sera riceve una strana telefonata.: è Davide che ha letto l’articolo di giornale ed è così riuscito a rintracciare l’amico d’infanzia. Davide, unico sopravvissuto della sua famiglia ai campi di concentramento,ha così la fortuna di riabbracciare Davide e stingere ancora una volta al petto l’amato pupazzo di pezza. L’immagine conclusiva del libro mostra il pupazzo Otto mentre scrive questa stessa storia perché vuole che l’amicizia profonda del trio sia divulgata come segno di speranza.

Ciò che colpisce di più di questo libro illustrato e dedicato ai ragazzi delle prime classi delle elementari,non è solo il testo ma le illustrazioni che nulla risparmiano, significative, crudeli e ben fatte e che raccontano più di mille parole. Il finale del racconto è positivo: un obbligo morale visto l’età dei bambini ai quali il libro si rivolge e poi, poteva essere diversamente se a raccontare la storia è un semplice, delicato e dolce pupazzo di stoffa?

 

I TRE BRIGANTI

 

Pubblicato la prima volta nel lontano 1962,“I tre briganti” è un meraviglioso libro illustrato per bambini che ha ottenuto un grande successo proprio per il suo valore educativo e i tanti messaggi che contiene al suo interno. Il primo, e forse più importante, è che dietro a un cuore malvagio si nasconde spesso una persona buona. Nulla sappiamo della storia pregressa dei tre protagonisti: il primo brigante armato con uno schioppo, l’altro proprietario di un pericoloso soffietto con il pepe, e l’ultimo, il più terribile, di una spaventosa mannaia rossa. I tre feroci briganti indossano grandi mantelli neri e alti cappelli neri e nel buio della notte stanno in agguato sul ciglio della strada. Uomini, donne e bambini hanno paura e,appena scorgono la loro presenza, lasciano ogni cosa di valore a terra per scappare lontano. I tre briganti assalgono senza sosta carrozze e ogni mezzo di trasporto alla ricerca di tesori e ricchi bottini. Il loro rifugio è nascosto in una caverna in alta montagna, dove i tre tipacci accumulano casse piene d’oro, perle, orologi e pietre preziose.

Tutto continua regolarmente tra un agguato e l’altro, fino a quando all’improvviso, in una notte buia, cambia per sempre la loro tediosa vita da briganti, sempre dediti a rapinare e ammirare i tesori accumulati.

In una carrozza i tre furfanti trovano come unica passeggera Tiffany, una bambina orfana che deve raggiungere una vecchia un po’ stramba presso cui avrebbe dovuto vivere in avvenire. Una cosa che non piaceva per nulla alla piccola viaggiatrice e per questo è felice quando i furfanti la portano via. E qui inizia il meraviglioso cambiamento nel cuore dei tre terribili briganti. Prima avvolgono Tiffany in una calda coperta, poi le preparano un letto morbido per dormire, con attenzioni quasi paterne.

Il secondo e decisivo cambiamento avviene al mattino quando la piccola pone un’unica e semplice domanda di senso: ” Che cosa ne fate di questi oggetti preziosi?” chiede, infatti, ai tre furfanti.

Ognuno di noi ha solo due possibilità quando la vita ci pone interrogativi sul significato profondo della nostra esistenza: ignorare la domanda oppure mettere in discussione fino in fondo il senso del nostro agire. I tre briganti scelgono senza alcun dubbio la seconda soluzione, rompendo così una routine famigliare di comportamenti che forse si ripeteva per generazioni e generazioni di briganti.

Nella storia avviene il miracolo inatteso e i tre uomini decidono di usare le ricchezze per cercare tutti i bambini orfani, comprargli un bel castello dove vivere e regalargli un bel cappello e un mantello rosso, simboli della vittoria del bene sul male.

Una fiaba illustrata benissimo e dai colori a tinte fosche dove nella prima parte dominano il blu scuro e il nero e la terribile ascia rossa,fino alle tinte chiare e allegre del finale. Una storia che insegna ai bambini e agli adulti molte cose.

La prima è che ogni persona ha diritto a nuove opportunità senza fermarsi di fronte all’aspetto esteriore eai modi di abituali di comportamento, superando i pregiudizi. La seconda è che solo domande essenziali (e che raggiungono in profondità il cuore dell’Altro) possono creare nuovi modi di relazione e possibilità di cambiamento. Un terzo messaggio presente nella storia di Tomi Ungerer è che l’utilizzo delle nostre ricchezze (interiori o materiali che siano!) a favore degli altri, può renderci veramente felici.

Nel meraviglioso capolavoro di Tomi Ungerer, infine, i tre briganti, nonostante il cambiamento di vita, mai e poi mai smetteranno di indossare il loro cappello e mantello nero. La modificazione avvenuta nel profondo del cuore, non ha cambiato l’identità dei tre meravigliosi protagonisti.

Dal libro è stato tratto nel 2008 un lungometraggio animato, curato dallo stesso Tomi Ungerer, dal titolo “Tiffany e i tre Briganti”.

 

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