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Astrid Lindgren

 

Astrid Anna Emilia Ericsson nacque in Svezia a Vimmerby, nella regione dello Småland il 14 novembre 1907. Seconda di quattro figli, trascorre la sua infanzia nella fattoria di famiglia, una vita semplice, senza troppi agi. Il clima familiare è molto sereno e la sua infanzia felice, spensierata e circondata da affetti, è stata la principale fonte d’ispirazione per i suoi libri, come più volte ha raccontato lei stessa. I suoi romanzi non sono autobiografici in senso stretto, ma la casa, la libertà, i giochi, l’atmosfera allegra e la grande attenzione a ogni piccolo fatto della natura si ritrovano in quasi tutti i suoi racconti. Fin da piccolissima Astrid ama ascoltare storie e inizia a scrivere molto presto. All'età di diciotto anni, a causa di una sua gravidanza fuori dal matrimonio, fu costretta a trasferirsi a Stoccolma per sfuggire al clima di moralismo e disapprovazione. Andò a Copenaghen per la nascita del primo figlio, Lars, e le difficoltà economiche la costrinsero a darlo in affidamento ad una famiglia della capitale danese.
Nel 1928 trovò un impiego in un ufficio dell'Automobile Club del Regno. Nel 1930 la madre affidataria di Lars si ammalò e Astrid portò il figlio per un anno nella casa dei genitori. Il figlio tornò poi da lei a seguito del matrimonio di Astrid con il suo capo ufficio Sture Lindgren nel 1931. Nel 1934 nacque la figlia Karin. Nel 1944 partecipa a un concorso di narrativa per ragazze indetto dalla casa editrice e vince il secondo premio e un contratto per la pubblicazione. Inizia a scrivere i suoi libri che vengono libri in più di 70 lingue, dall'arabo allo zulu.
Astrid Lindgren possedeva anche una grande autoironia e, quando nel 1997 fu nominata personaggio svedese dell'anno, disse:
«Non capisco come possiate nominarmi personaggio dell'anno, io che sono cieca, sorda e mezza pazza. Faremo meglio a non dirlo troppo in giro, se no penseranno che tutti in Svezia siano come me».
Nel novembre 2001, quando le fu chiesto cosa desiderasse per il suo 94º compleanno, rispose: <<Pace nel mondo e vestiti carini.>>
Muore il 28 gennaio 2002 all'età di 94 anni a Stoccolma.

Astrid Lingren è ricordata soprattutto come autrice di Pippi Calzelunghe, un libro che ha lasciato un segno indelebile, tanto forte da aver imposto il nome, in Italia, a quella «generazione Pippi» (come è stata felicemente definita da Donatella Ziliotto, prima editrice italiana del romanzo) che vedeva finalmente riconosciuto quel ribaltamento degli stereotipi dell’eroina femminile che aspettava davvero da tempo. L’autrice svedese ha dato vita ad almeno due altri personaggi femminili animati da un grande senso d’indipendenza: Martina di Poggio di Giugno e la piccola Lotta Combinaguai. I personaggi dei suoi romanzi sono numerosissimi: da Emil di Lönneberga, – una sorta di alter ego maschile di Pippi, – a Karlsson sul tetto (che “prende il volo” nel 1955) e Rasmus e il vagabondo, ai bambini protagonisti di albi illustrati, racconti e fiabe, da cui negli anni Ottanta e nei primi anni Novanta sono stati tratti film e cortometraggi.
Non meno importante della scrittura è per Astrid Lindgren il suo impegno nella difesa dei diritti dei bambini, degli animali, della pace e della convivenza, contro ogni forma di sopraffazione. Si è battuta per i diritti dei neri in America (come per esempio nel romanzo Kati in America), contro le armi nucleari (1980). Decisiva la sua lotta contro le punizioni corporali inflitte ai bambini da un’educazione oppressiva e arcaica. Grazie, infatti, a un suo famoso discorso in occasione di un’importante premiazione in Germania nel 1978, l’anno successivo le punizioni corporali inflitte ai bambini saranno considerate in Svezia un crimine e come tali punite. Alla Lindgren sono stati assegnati numerosi premi per il suo lavoro tra i quali il Premio Hans Christian Andersen nel 1958, il Lewis Carroll Shelf Award nel 1973 per Pippi Calzelunghe, l'International Book Award dell'UNESCO e il Right Livelihood Award (conosciuto anche come "Premio Nobel Alternativo").

Le storie che raccontano le avventure dei bambini sono forse tra quelle che riescono a farci comprendere meglio il potere della fantasia, la sua forza attrattiva, il suo fascino ma anche la saggezza che la letteratura sa donare alle persone più attente e sensibili. Astrid Lindgren confeziona con “Rasmus e il vagabondo” un romanzo di tale genere, regalando emozioni e infinite sorprese al lettore. Molti sono i libri che nell’ottocento e nel novecento hanno affrontato il tema dei ragazzi senza famiglia richiusi in istituto, un tema sociale importante e coinvolgente e che tocca le coscienze. Astrid Lindgren lo fa però alla sua maniera. Il protagonista del romanzo è il giovane Rasmus, un bambino svedese di nove anni che vive nell’orfanotrofio di Vasterhaga che ha come unico amico Gunnar.

La direttrice è la signorina Poiana che, e sta qui la prima particolarità del romanzo, non è la solita cattiva istitutrice e nemmeno una tiranna con i bambini, come in molti altri romanzi del genere. È una donna che desidera solo che tutti i “suoi trovatelli” abbiano meno tempo libero possibile e siano sempre occupati nei lavori nell’orto. Questo per prepararli alle durezze della vita futura, ma la ragione è soprattutto perché nemmeno lei aveva mai avuto il piacere di provare l’importanza del gioco. Il solo grande momento di dolcezza della signora Poiana è nella notte, quando nella ronda va a controllare se i bambini dormano sereni nel loro letto. “Qualche rarissima volta accadeva che, quasi controvoglia, desse una secca carezza a un bambino”.Rasmus ogni notte sperava in quella carezza che però non arrivava. Il protagonista desidera, come tutti i bambini dell’istituto istituto, di essere adottato da una famiglia. Ma ogni volta succede sempre la stessa cosa: le famiglie scelgono sempre bambine dai capelli ricci e mai maschietti dalla capigliatura liscia! Dopo l’ennesima delusione e dopo aver combinato uno dei suoi soliti disastri per il quale merita una punizione, Rasmus decide di scappare dall’istituto alla ricerca di genitori che possano volergli bene. E li comincia la seconda particolarità del romanzo. In un fienile il ragazzo incontra Oscar il vagabondo, un simpatico ed eccentrico cantastorie girovago che suona l’armonica a bocca. I due fanno amicizia e Rasmus rimane sempre più affascinato dalla gioiosità e gentilezza del vagabondo, che dimostra anche di essere onesto, rifiutandosi di appropriarsi del bottino di un furto compiuto da malviventi. Anzi i due amici faranno in modo che soldi e gioielli ritornino ai legittimi proprietari. Il finale del libro è sorprendente. Rasmus sceglierà, tra due possibilità, la coppia di genitori con la quale vivere. E il criterio della decisione è veramente originale. Il primo brano scelto descrive il primo incontro tra Rasmus e Oscar, il secondo racconta la delicata scelta del protagonista.

…Poi tutta una testa spuntò dal fieno, rotonda con una barba scura non fatta almeno da due giorni. Un paio di occhi semiaperti e ammiccanti fissarono Rasmus con un certo stupore, poi un largo sorriso si aprì nel volto rotondo; l’aspetto dello sconosciuto non era davvero preoccupante. Con un orgoglio di riso egli disse: <<Salute compagno!>>.

<<Compagno, salute!>>. Gli rispose Rasmus esitando.

<<Perché fai quella faccia? Credi che mangio i bambini?>>

E poiché Rasmus non rispondeva, l’uomo proseguì: <<Di che razza sei? Come ti chiami?>>. <<Rasmus>>. La risposta fu data con una con una vicina pietosa: Rasmus aveva altrettanta paura di rispondere che di lasciar perdere. <<Rasmus, eh…Rasmus>> annuì pensosamente l’uomo barbuto. <<Scappato di casa?>>.

<<No…no di casa no>>. Rispose Rasmus, e non gli sembro di dire una bugia: Vasterhaga non era una vera casa. In fin dei conti…

(…) E come si tirò fuori dal fieno, Rasmus vide che doveva trovarsi proprio di un vagabondo: i suoi abiti, una giacca sdrucita e spelacchiata e un paio di calzoni informi, erano davvero malconci. Era grande e grosso, ma la sua espressione era dolce, e quando rideva i denti scintillavano bianchi nella sua faccia barbuta.

<<Vagabondo, dici…Mai sentito parlare di Oscar-del-Paradiso Io sono quello. Vagabondo e vero Cuculo-di-Dio. Questo sono>>….

E Rasmus sentì che quello era proprio quanto desiderava. Voleva sì abitare con Oscar e Martina in quella casupola grigia in riva al lago. Oscar e Martina non erano né belli né ricchi, Martina non possedeva un capello azzurro con le piume, ma non aveva alcuna importanza perché era lì che desiderava abitare.

<<E tu vuoi avere un ragazzo con i capelli lisci?>> chiese timidamente.

Allora Martina l’attirò a sé e lo circondo con le sue braccia. Nessuno l’aveva mai più abbracciato da quella volta che aveva l’otite e la signorina Poiana l’aveva preso sulle ginocchia. Le braccia di Martina erano solide e forti ma al tempo stesso morbide, sì molto più morbide di quelle della signorina Poiana.

 

Astrid Lindgren, Rasmus e il vagabondo - Gli Istrici, Salani, 2020, pag 54-55 e 219-220

Il romanzo “Pippi Calzelunghe” nasce quasi per caso. Nel 1941, la figlia di Astrid Lindgren, Karin, è costretta a letto per una brutta polmonite. Ogni sera la madre per distrarla, si siede accanto e inventa storie e fiabe. Una sera Karin le chiede: «Mamma, raccontami la storia di Pippi Calzelunghe», un nome che si era inventata al momento: vista la stranezza del nome, la mamma decide che anche la storia della bambina dovesse essere fuori dal comune. A Karin piace così tanto che Pippi diventa l’eroina dei racconti di casa. Una bambina tanto forte da poter sollevare un cavallo, che viveva tutta sola in una grande casa, Villa Villacolle.
Nel 1944 a Stoccolma, a causa di una brutta caduta sul ghiaccio, Astrid Lindgren è costretta a letto. Per far passare il tempo stenografa le storie di Pippi, che successivamente trascrive in un manoscritto, da lei anche illustrato, che dona alla figlia per il suo decimo compleanno. A fine novembre del 1945 Lindgren pubblica il romanzo presso la casa editrice Rabén&Sjögren con le straordinarie illustrazioni di Ingrid Vang Nyman. Il successo di lettori è immediato– in due settimane il libro vende circa 20.000 copie!

Riportiamo la stupenda recensione del romanzo “Pippi Calzelunghe” da parte della scrittrice Ilaria Gaspari, pubblicata il 14.05.2017 su il libraio.it:

“Pippilotta batti l’occhio Viktualia Rullgardina Succiamenta Efraisilla Calzelunghe è una bambina, più che strana, straordinaria. È ignorantissima e saggia, generosa e tenera, senza voler essere buona; un’artista della bugia, come dice lei stessa. Racconta frottole enormi che poi si scoprono vere, o qualche volta no – ma non fa niente, perché quando iniziamo a seguirla il mondo come lo conosciamo smette di esistere: siamo già in un paradosso, da cui può seguire il vero come il falso, e non è più importante, tanto ormai siamo con lei, nel libro. Come dicono Tommy e Annika, i due ragazzini che abitano nella casa accanto a Villa Villacolle, e insieme alla loro vicina vivono mille avventure senza mai sognarsi di voler diventare come lei: con Pippi, non si sa mai. Da lei ci si può aspettare qualsiasi cosa, e in questo c’è un che di terribile e affascinante insieme. Perché ragiona con la logica ferrea, sfrenata e spiazzante del gioco, e nessuno è poi in grado di replicarle niente, nemmeno gli adulti più noiosi, nemmeno i poliziotti, le maestre, i benpensanti della città, i ladri o le vecchie zitelle che fanno beneficenza. È sola, ma con una sua strana logica ferrea, che si trova solo nei bambini o nelle persone davvero bizzarre, ha dei suoi sistemi per trattare se stessa come se fosse un’altra.”

Il brano scelto è legato al primo ’incontro di Pippi Calzelunghe con i suoi nuovi amici Annika e Tommy.

…Imperturbabile, Pippi proseguì per la sua strada; camminava con un piede sul marciapiede e l’altro nel rigagnolo. Finché fu possibile, Tommy e Annika la seguirono con lo sguardo, ed ecco, dopo un attimo, la videro ritornare camminando a ritroso Giunta davanti al cancello di Tommy ed Annika, Pippi si fermò. Un lungo sguardo corse tra i bambini, in silenzio. Disse infine Tommy: — Perché cammini all’indietro? —

Perché cammino all’indietro? — esclamò Pippi. — Forse che non viviamo in un paese libero? Ognuno non può camminare come più gli piace? Comunque, voglio farti sapere che in Egitto tutti camminano così, e nessuno ci trova nulla di buffo. — E tu come lo sai? — chiese Tommy. — Tanto non sei mai stata in Egitto! — Se sono stata in Egitto! Ma naturalmente, puoi giurarci. Dappertutto sono stata, nel globo terrestre, e ne ho viste di ben più buffe che gente che cammina all’indietro! Mi domando che cosa avresti detto, allora, se mi fossi messa a camminare sulle mani, come si usa nell’India Orientale! — Questa è una bugia vera e propria — osservò Tommy. Pippi ci pensò sù un secondo. — Hai ragione: ho proprio detto una bugia — ammise avvilita. — Mentire è una bruttissima cosa — disse Annika, che solo ora osava aprir bocca. — Sì, è proprio orribile mentire — convenne Pippi sempre più avvilita. — Ma capisci, io ogni tanto me lo dimentico. E in fin dei conti come si può pretendere che una povera bambina piccina con un angelo per mamma e un re di una tribù negra per papà, e che non ha fatto altro per tutta la vita che navigare i mari, possa dire sempre la verità? Del resto, — e mentre diceva questo il visino punteggiato di lentiggini le si illuminò tutto — voglio che sappiate che nel Congo Belga non esiste una sola persona che dica la verità; tutto il giorno non si fa altro che dir bugie: si comincia alle sette di mattina e si smette al tramonto. Così, se qualche volta mi capita di mentire, cercate di scusarmi e di considerare che ciò dipende unicamente dal fatto di aver soggiornato un po’ troppo a lungo nel Congo Belga. Ma saremo amici ugualmente, vero? — Naturale! — esclamò Tommy. E all’improvviso si rese conto che certamente quella non sarebbe stata una giornata disgraziata e noiosa.

(Astrid Lindgren, Pippi Calzelunghe, Gli Istrici, Salani,1998, pag 9,10,11)

 

(MARINO MURATORE curatore della rubrica)

 

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